(Adnkronos) – Negli ultimi anni il settore bancario italiano è stato attraversato da una serie di rumors e trattative sfumate che avrebbero potuto ridisegnare radicalmente la mappa del credito nel Paese. Operazioni che, sulla carta, avevano senso industriale e strategico, ma che si sono scontrate con la complessità politica, i vincoli regolamentari o semplicemente con la mancanza di convinzione da parte degli attori coinvolti. È il “fantarisiko” della finanza: fusioni mai nate, ma abbastanza concrete da agitare i mercati per settimane. Forse il caso più emblematico. Nel 2021, dopo anni di tentativi di rilancio, lo Stato cercava un acquirente per Monte dei Paschi di Siena. Unicredit, sotto la guida dell’Ad Andrea Orcel, sembrava il candidato ideale. Si parlava di un’operazione “a saldo zero”, con lo Stato pronto ad assorbire le sofferenze e lasciare a Unicredit solo il “buono” di Mps. Tra i vantaggi potenziali segnalati dagli esperti ci sarebbe stato: il rafforzamento di Unicredit nel Centro Italia; la razionalizzazione della rete sportelli; la concentrazione di risorse e clientela retail in aree complementari. Ma l’accordo saltò. Orcel pose condizioni troppo stringenti, e il Tesoro non era disposto ad accettarle tutte. Il risiko svanì, lasciando Mps ancora nelle mani pubbliche. Un altro scenario molto discusso riguardava l’idea di una fusione tra Bper e Banco BPM. Il progetto, mai ufficializzato, avrebbe creato un terzo polo bancario capace di competere quasi alla pari con i due big italiani. Tra i vantaggi potenziali la forte complementarietà geografica: Banco BPM radicata nel Nord, Bper nel Centro-Sud; economie di scala e taglio dei costi; maggiore potere negoziale sui mercati dei capitali. Ma l’operazione, sempre nei radar degli analisti, non ha mai preso forma. Banco Bpm ha preferito restare autonoma, rafforzandosi internamente, mentre Bper ha continuato la propria crescita per vie diverse, anche grazie alla spinta di Unipol, suo azionista di riferimento. Nel 2023, il fantarisiko ha generato un’altra combinazione suggestiva: Bper – Mps. Le due banche, con una certa sovrapposizione territoriale e un simile bisogno di scala, avrebbero potuto dare vita a un soggetto da oltre 300 miliardi di attivi. Tra i Vantaggi potenziali: la rete sportelli capillare e integrata; la possibilità per il Tesoro di ridurre la propria quota in Mps e lo sviluppo di sinergie operative tra due istituti medio-grandi. Infine si è parlato di Mps e Bpm, un’aggregazione che sarebbe intorno a 24 mld di market cap. L’idea ha iniziato a circolare con insistenza nel 2024, favorita anche dall’evoluzione della governance di Bpm e dalla volontà del Tesoro di trovare una via d’uscita “di sistema” per Mps. Tra i vantaggi potenziali: la creazione di un soggetto bancario forte, con una presenza estesa su tutto il territorio nazionale; la combinazione di due realtà con un forte presidio nel Centro-Nord, area economicamente più dinamica; la possibilità per Bpm di rafforzarsi, acquisendo dimensioni più competitive rispetto a Intesa e Unicredit. E chissà, dicono i maligni, che se l’Ops di Mps su Mediobanca non dovesse andare in porto non si torni a parlare di quest’ultima ipotesi del fantarisiko. (di Andrea Persili) —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)
Fantarisiko: ecco le fusioni bancarie mai nate (per ora)
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