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Oro ai massimi, argento in corsa e rame in ripresa. Lauria: “Non è fiammata speculativa”

(Adnkronos) – “In questo momento non c’è asset più forte dell’oro. Non c’è asset più in crescita dell’argento e con più potenziale di crescita del rame”. Giuseppe Lauria, commodity strategist, sintetizza così la fase che stanno attraversando i principali metalli preziosi e industriali, ovviamente trainati dal gold, che da settembre non fa che aggiornare i propri massimi storici, al momento 3.674 dollari l’oncia raggiunti il 9 settembre scorso. Una dinamica che si spiega certamente, in primis, con la funzione storica di bene rifugio: dopo l’attacco dei droni russi in Polonia, l’allarme lanciato dal Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, secondo cui il rischio di un conflitto oltre i confini ucraini è reale, ha rinnovato ulteriormente l’attrattiva del metallo giallo come ancora tradizionale per le fasi di instabilità. “Mica per niente -spiega Lauria- le banche centrali sono tornate protagoniste con acquisti record, oltre mille tonnellate all’anno tra il 2022 e il 2024, un volume più che doppio rispetto alla media delle decadi precedenti”. Tutto ciò consolida il metallo giallo come asse portante delle riserve globali: nelle casseforti delle banche centrali l’oro pesa ormai più dei Treasury statunitensi e ha scalzato l’euro, posizionandosi subito dopo il dollaro, come riportano anche gli ultimi report del World Gold Council, organizzazione di riferimento mondiale per lo sviluppo del mercato dell’oro. Ma l’espressione ‘old but gold’ affonda le radici in una combinazione di fattori macroeconomici e geopolitici ben più ampia: “Certamente gli investitori che in questo periodo stanno puntando sull’equity, contemporaneamente si stanno ‘coprendo’ acquistando anche oro, perché molto indici azionari si muovono nuovamente sui massimi storici e i timori di un crollo sono sempre dietro l’angolo”. L’analista cita inoltre gli afflussi crescenti negli Etf sull’oro, la dedollarizzazione promossa dai Brics e l’attrattiva delle obbligazioni in un contesto di costo del denaro in discesa. Proprio l’andamento dei tassi d’interesse sta giocando un ruolo decisivo in questa tendenza. Il rapporto con il prezzo dell’oro è storicamente inverso: il metallo giallo tende a guadagnare valore man mano che i tassi scendono, riducendo l’appeal delle obbligazioni a basso rendimento, proprio quello che sta accadendo in questo periodo, visto che la Fed, complici gli ultimi dati sull’occupazione, potrebbe tagliare ancora.  A supportare l’estasi dell’oro, come anticipato, i flussi finanziari: “Gli Etf sul metallo giallo hanno registrato ad agosto il terzo mese consecutivo di afflussi (cioè più acquisti che vendite NdR), guidati soprattutto dai fondi occidentali. Quelli nordamericani in particolare hanno aggiunto 4,1 miliardi di dollari, mentre quelli europei hanno segnato il quarto mese consecutivo in positivo, con 1,9 miliardi di dollari in più. Se ci aggiungiamo -osserva Lauria- le difficoltà di approvvigionamento legate alle miniere si capisce perché gli analisti più audaci parlino di possibili target a 5.000 o addirittura 6.000 dollari l’oncia, mentre uno scenario più realistico resta quello dei 4.000”. Analisi in linea con una posizione che Lauria ha spesso espresso negli ultimi anni, mostrando costante interesse per l’oro (e l’argento), anche nei momenti meno favorevoli, alla luce di fondamentali di lungo periodo ritenuti solidi. L’oro corre, ma l’argento accelera e lo fa ancora di più. Dal 2024 a oggi la sua performance ha superato quella del gold (+90,4% contro +85%), sostenuta da una domanda industriale che vive il quinto anno consecutivo di deficit (tradotto: l’offerta non riesce a stare dietro alla domanda). Il fotovoltaico, il 5G, le auto elettriche -in particolare le batterie- e più in generale le tecnologie legate alla transizione energetica necessitano grandi quantità di argento, estratto per lo più come sottoprodotto di altri metalli. Una caratteristica che limita la possibilità di aumentare rapidamente l’offerta, creando le condizioni per un prezzo destinato a restare elevato.  Il silver ha già toccato quota 41 dollari, e alcuni osservatori vedono possibili allunghi fino a 50, livello che non si vede dai tempi dell’impennata nel periodo della crisi del debito, nel 2011, e della speculazione dei fratelli Hunt a fine anni Settanta, quando il prezzo schizzò in poco tempo a quota 48 dollari e proprio per questo il gioielliere Tiffany, con un annuncio su un’intera pagina del Ny Times, denunciò il comportamento spregiudicato dei due fratelli, spingendo il Comex a rivedere le regole per il deposito dei margini. Continua Lauria: “Nel secondo trimestre del 2025 la Banca Centrale Saudita ha investito circa 40,4 milioni di dollari in fondi negoziati in borsa (Etf) legati all’argento, investimento che rappresenta solo una piccola parte del portafoglio complessivo della banca centrale ma che riflette una strategia più ampia di diversificazione delle riserve, proprio per le applicazioni industriali del silver, considerate preziose in un contesto di crescente domanda e potenziali tensioni geopolitiche”.  
Il quadro è più complesso per il rame, precipitato il 30 luglio dopo le dichiarazioni di Donald Trump sui dazi e sulla necessità di aumentare la produzione interna americana. Il metallo rosso resta però un indicatore privilegiato dell’economia reale, perché impiegato in modo trasversale in costruzioni, impianti elettrici, batterie e soprattutto infrastrutture di difesa, settore in questo periodo storico ancora con ampissimi margini di crescita. Nonostante la flessione, che poi è stato un vero e proprio crollo, -25% circa in due giorni sui minimi di aprile, Lauria resta fiducioso: “Il rame ha davanti a sé una domanda strutturale enorme, trainata soprattutto dalla Cina e dalla transizione green. La direzione resta verso i 5 dollari per libbra” mentre negli Stati Uniti l’ampliamento della produzione “richiederà anni, dunque, nell’immediato e nel breve medio periodo, la dipendenza dalle forniture di Cile e Canada rimane determinante”.
 Oro, argento e rame sono tre metalli che fotografano tre diversi motori di mercato: l’oro, bene rifugio e pilastro geopolitico; l’argento, snodo cruciale dell’industria tecnologica; il rame come termometro dell’economia reale. Tutti e tre, nelle parole di Giuseppe Lauria, sono accomunati da una stessa direttrice: “La loro corsa non è una fiammata speculativa, ma l’espressione di un mondo che sta cambiando, tra nuove alleanze politiche, rivoluzione energetica e trasformazioni nei mercati finanziari”. (Giacomo Iacomino)
 —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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