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Risiko bancario, Riva: “No a far West”

(Adnkronos) – Il risiko bancario non è un gioco (dell’Opa), ma un processo strategico che ridisegna il volto del credito italiano. Sei operazioni in corso, una già conclusa, coinvolgono gruppi che insieme valgono 95 miliardi di euro, un decimo dell’intero Ftse Mib. Storia lunga: lo scenario è il riflesso di una trasformazione profonda che tocca istituti, sportelli e strategie industriali. Un consolidamento necessario, figlio della globalizzazione, della digitalizzazione e della necessità di regole più solide. Ma dietro le mosse di mercato, si giocano anche equilibri economici e politici che riguardano da vicino il risparmio degli italiani. A spiegarlo in un’intervista all’Adnkronos è Luigi Riva, presidente Strategic Management Partners.”Dopo 9 mesi dall’inizio di questo ‘gioco dell’opa bancaria’ in cui tutti cercano una parte in commedia – sottolinea – chi provando scalate per ragioni industriali e strategiche e chi per non restare escluso o farsi trovare impreparato, ci sono offerte su sei prede (di cui una chiusa positivamente) che complessivamente, includendo anche Generali, capitalizzano 95 miliardi, un decimo del Ftse Mib e diversi punti di pil”.  Anche se con qualche eccesso, spiega, “si tratta solo di un capitolo di un processo più ampio di evoluzione e razionalizzazione del sistema. Per avere un’idea, basta dire che nel 1996 in Italia c’erano 938 banche, mentre oggi quelle con attivi superiori ai 50 milioni sono circa un terzo, di cui solo 61 in forma di Spa, mentre 225 sono di credito cooperativo, 18 popolari e altre 28 di investimenti, gestione titoli e patrimoni o credito mobiliare”, afferma. Anche sul numero di sportelli, prosgue, “è in corso qualcosa di simile. Oggi il numero complessivo è sotto i 20mila, quasi la metà di quelli esistenti durante il picco del 2008”.  E’ evidente – spiega Riva – che, per effetto della globalizzazione, dell’apertura dei mercati, dell’integrazione sovranazionale, come anche delle normative internazionali ed europee, “le banche italiane sono soggette da anni a un processo di trasformazione e consolidamento. D’altra parte la dimensione degli istituti è diventata un fattore critico di successo per avere un rapporto più solido tra capitale e impieghi, regole più chiare e rigorose sui prestiti e soprattutto per essere in grado di gestire la digitalizzazione completa dei processi bancari”, sottolinea. “E si auspica che ciò possa evitare il ripetersi di situazioni spiacevoli come in passato, con molte banche messe in risoluzione o in liquidazione. L’obiettivo è rendere il sistema più efficiente, anche per il cliente”.  Soprattutto, prosegue Riva, “il risiko bancario in atto non è condizionato solo dalle leggi del mercato, ma poiché riguarda il risparmio degli italiani (che in proporzione al reddito è più alto rispetto a quello di tedeschi e degli americani) coinvolge interessi più ampi, dagli equilibri del mondo della finanza a quelli di alcuni grandi gruppi industriali. Questo in un certo senso è fisiologico”. Quello che è importante per il Paese, commenta, “è che tale processo non sia lasciato all’anarchia del Far West più completo e che invece possa seguire un percorso strategico, in cui il mondo del credito sia a supporto di imprese e famiglie. Da chi segue da 25 anni lo sviluppo delle aziende italiane come facciamo noi, sappiamo quanto sia importante il supporto del credito, tanto più che oltre il 90% dei prestiti alle aziende italiane è di origine bancaria, una anomalia del nostro Paese rispetto agli altri”. (di Andrea Persili) —finanzawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

© Riproduzione riservata

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